Videosorveglianza e reato del datore di lavoro secondo la Cassazione.
Non costituisce reato la condotta del datore di lavoro che installi impianti di videosorveglianza, senza accordo sindacale, se il controllo sia volto a prevenire possibili comportamenti infedeli dei lavoratori e riguardi solo occasionalmente l’attività del lavoratore. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza n. 3255/21.
A cura dell’avv. Maxime Manzari.
IL CASO: Il Tribunale di Viterbo aveva condannato, per il reato di cui all’art. 4, primo e secondo comma, ed art. 38, Legge 20 maggio 1970, n. 300, il titolare di una ditta esercente l’attività di commercio al dettaglio, il quale aveva installato impianti video all’interno dell’azienda, utilizzabili per il controllo a distanza dei dipendenti, senza aver richiesto l’accordo delle rappresentanze sindacali aziendali o dell’Ispettorato del lavoro.
LA QUESTIONE IN DIRITTO: la questione riguarda la configurabilità del reato ascritto, quando l’impianto audiovisivo sia installato sul luogo di lavoro in difetto di accordo con le rappresentanze sindacali legittimate, o di autorizzazione da parte dell’Ispettorato del lavoro, ed abbia la funzione di tutelare il patrimonio aziendale.
LA CONDOTTA VIETATA: l’ipotesi di reato in esame punisce la condotta della installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori e che possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, in assenza di accordo con le rappresentanze sindacali legittimate o di autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro.
LA GIURISPRUDENZA PRECEDENTE CIRCA LA CONFIGURABILITÀ DEL REATO: la Cassazione, in sede penale, ha in passato ritenuto configurabile il reato relativo alla illegale installazione di impianti audiovisivi sui luoghi di lavoro, quando vi è il pericolo o la potenzialità del controllo a distanza dei dipendenti. La fattispecie, infatti, costituirebbe reato di pericolo, diretto a salvaguardare le possibili lesioni della riservatezza dei lavoratori. La giurisprudenza civile di legittimità ha affermato che non richiedono l’osservanza delle garanzie previste i controlli difensivi effettuati dal datore di lavoro se diretti ad accertare comportamenti illeciti e lesivi del patrimonio o dell’immagine aziendale, tanto più se disposti ex post, ovvero dopo l’attuazione del comportamento in addebito.
IL PRINCIPIO AFFERMATO DALLA SENTENZA IN ESAME: non è integrato il reato quando l’impianto audiovisivo o di controllo a distanza, sebbene installato sul luogo di lavoro in difetto di accordo con le rappresentanze sindacali legittimate, o di autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro, sia strettamente funzionale alla tutela del patrimonio aziendale, sempre, però, che il suo utilizzo non implichi un significativo controllo sull’ordinario svolgimento dell’attività lavorativa dei dipendenti, o debba restare necessariamente “riservato” per consentire l’accertamento di gravi condotte illecite degli stessi. La parola “anche”, nel testo della norma che istituisce il reato in esame, fa ritenere infatti che siano sempre consentiti controlli difensivi da parte del datore di lavoro, rispetto ai quali il controllo del dipendente sia solo un fatto occasionale, come nel caso di telecamere puntate sulla cassaforte, sugli scaffali, sulle casse o simili luoghi. Circostanza questa verificatasi proprio nella vicenda in esame.
LE CONCLUSIONI DELLA PRONUNCIA: andrà dunque sempre verificato da parte del giudice se l’installazione del sistema di videosorveglianza sia strettamente funzionale alla tutela del patrimonio aziendale (come la merce, le casse, e simili) e, in caso positivo, se esso comporti un controllo non solo occasionale o meno sull’attività dei lavoratori, oppure se le registrazioni debbano restare “riservate” per consentire l’accertamento solo in caso di gravi condotte di questi ultimi. Ove le riprese siano realizzate con precipua finalità difensiva del patrimonio aziendale o per tutelarne l’immagine ed il controllo sul lavoratore sia solo occasionale rispetto a tale finalità, non potrà ritenersi integrato il reato, anche in assenza di previo accordo sindacale.