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Riconoscimento di sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale ed irrilevanza della mancata coabitazione.

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Riconoscimento di sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale ed irrilevanza della mancata coabitazione.

La Cassazione si è pronunciata sulla questione del riconoscimento di una sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale, con specifico riferimento alla irrilevanza della mancata coabitazione anagrafica, ai fini dell’accertamento del requisito della convivenza matrimoniale come coniugi protratta per oltre un triennio dalla celebrazione del matrimonio concordatario.

A cura dell’Avv. Giuseppe Alessandro Bentivoglio.

Con ordinanza n. 367/2021, la Suprema Corte di Cassazione ribadisce il principio che la convivenza come coniugi protrattasi per oltre un triennio dalla celebrazione del matrimonio concordatario costituisce una condizione ostativa al riconoscimento della sentenza di nullità pronunciata dal Tribunale Ecclesiastico.

Il caso: la Corte di Appello di Milano, con sentenza resa nel 2015, respingeva la domanda introdotta da un ex coniuge per ottenere la dichiarazione di efficacia di una sentenza ecclesiastica con la quale era stata dichiarata la nullità del matrimonio concordatario contratto nel 1998.

Avverso tale decisione, veniva proposto ricorso per Cassazione con il quale si sosteneva che la Corte Lombarda aveva accertato un periodo di convivenza coniugale inferiore a tre anni e che l’ex marito aveva sempre mantenuto una residenza anagrafica distinta da quella della moglie, trasferendola presso la casa vacanza dei suoi genitori già pochi mesi dopo la celebrazione del matrimonio.

La ricorrente esponeva, altresì, che la nascita dei due figli nati dalla coppia era avvenuta nei limiti del triennio e che, pertanto, questa circostanza non costituiva una prova in ordine alla durata della convivenza.

La Suprema Corte, con la richiamata ordinanza n. 367/2021, rigettando tutte le censure formulate, ha affermato che la convivenza tra coniugi non richiede necessariamente la coabitazione materiale dei medesimi.

La Corte di Cassazione, infatti, condividendo la ricostruzione della vicenda effettuata dalla Corte di Appello di Milano – che aveva accertato “una anomala convivenza ultratriennale” caratterizzata da una complessa vicenda fattuale dalla quale erano, tuttavia, derivate assunzioni di responsabilità ed adempimenti di doveri tipici del rapporto di coniugio – ha stabilito che la “limitata presenza del marito nel domicilio coniugale” non esclude che la “convivenza come coniugi” si fosse protratta per oltre un triennio.

La Cassazione, in definitiva, con una pronuncia che non ha precedenti giurisprudenziali, ma che si uniforma al principio del limite triennale introdotto dalle Sezioni Unite nel 2014 (cfr. Cass. Civ. SS.UU. n. 16379 del 17.07.2014), sancisce l’irrilevanza, ai fini dell’accertamento della convivenza triennale, della mancata coabitazione materiale ed anagrafica.

Non è, pertanto, delibabile una sentenza di nullità del matrimonio concordatario pronunciata dal Tribunale Ecclesiastico per un vizio genetico dello stesso ove venga giudizialmente eccepita ed accertata una convivenza fra i coniugi che si è sviluppata per un triennio dopo la celebrazione delle nozze, integrando, l’elemento della durata ultratriennale, una situazione giuridica di ordine pubblico italiano, la cui inderogabile tutela trova fondamento nei principi supremi di sovranità e di laicità dello Stato.

Il testo integrale del provvedimento.