Licenziamento orale e onere della prova.
Grava sul lavoratore l’onere probatorio circa l’intervenuta risoluzione del rapporto ad iniziativa datoriale. La cessazione definitiva del rapporto di lavoro non è prova del licenziamento.
A cura dell’avv. Gianfranco Todaro.
Con la sentenza n. 149, dell’8 gennaio 2021, la Sezione Lavoro della Cassazione torna ad occuparsi del licenziamento adottato senza comunicazione scritta e degli oneri probatori gravanti sulle parti.
Il caso: Il Tribunale di Cosenza dichiarava la nullità della domanda proposta da M.M., avente ad oggetto differenze retributive connesse al rapporto di lavoro svolto alle dipendenze dell’A.R.P, sull’assunto che nell’atto introduttivo non erano indicate le ore lavorative giornaliere/settimanali di attività lavorativa svolta, e che era inammissibile anche la domanda proposta in via subordinata, avente ad oggetto l’accertamento dell’illegittimità del licenziamento, in quanto incompatibile con quella principale di risoluzione del rapporto per inadempimento, non essendo stato impugnato il licenziamento intimato nel novembre 2007.
La Corte d’appello di Catanzaro, in accoglimento parziale dell’appello di M.M. ed in parziale riforma della pronunzia impugnata, condannava A.R.P. per il titolo di cui in motivazione, non condividendo la decisione del Giudice di primo grado quanto alla declaratoria di nullità della domanda di differenze retributive, osservando, nel pervenire a differente soluzione, che il ricorso di primo grado globalmente analizzato non denotava la totale assenza o l’assoluta incertezza dei requisiti essenziali, in quanto il petitum era in modo soddisfacente delimitabile anche alla luce dei documenti allegati e delle precise richieste istruttorie avanzate dal ricorrente.
Con riferimento, invece, al capo di sentenza concernente l’impugnativa di licenziamento orale, ricondotto temporalmente dal lavoratore al marzo 2007, la Corte distrettuale osservava che ciò era contraddetto dal dato documentale del recesso datoriale intimato con missiva del novembre 2007, non impugnato dal lavoratore, il quale non aveva fornito la prova che il recesso fosse avvenuto in epoca precedente a tale ultima data.
Di tale decisione domandava la cassazione l’A.R.M., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resisteva con controricorso il M., che proponeva ricorso incidentale, osservando, in particolare, che i giudici del gravame avessero violato l’art. 2697 c.c. in tema di riparto dell’onere della prova relativamente all’impugnativa di licenziamento adottato senza comunicazione scritta, essendo a carico del datore la prova concernente il requisito della forma scritta del licenziamento per essere il lavoratore gravato unicamente di quella della cessazione del rapporto. Sosteneva che la Corte avesse in tale modo onerato il lavoratore di una prova diabolica.
In relazione alle censure relative agli oneri probatori gravanti sulle parti in tema di licenziamento orale, la prova a carico del lavoratore che il rapporto si è concluso per volontà del datore è affermata da Cass. 31501/2018 e da ultimo, con esaustiva ricognizione del tema, da Cass. 16.5.2019 n. 13195 e Cass. 8.2.2019 n. 3822.
La Cassazione, pertanto, confermando il suo orientamento, evidenzia come “la mera cessazione definitiva nell’esecuzione delle prestazioni derivanti dal rapporto di lavoro non è di per sè sola idonea a fornire la prova del licenziamento, trattandosi di circostanza di fatto di significato polivalente, in quanto può costituire l’effetto sia di un licenziamento, sia di dimissioni, sia di una risoluzione consensuale. Tale cessazione non equivale a “estromissione”, parola sovente utilizzata nei precedenti citati ma che non ha un immediato riscontro nel diritto positivo per cui alla stessa va attribuito un significato normativo, sussumendola nella nozione giuridica di “licenziamento”, e quindi nel senso di allontanamento dall’attività lavorativa quale effetto di una volontà datoriale di esercitare il potere di recesso e risolvere il rapporto. L’accertata cessazione nell’esecuzione delle prestazioni può solo costituire circostanza fattuale in relazione alla quale, unitamente ad altri elementi, il giudice del merito possa radicare il convincimento, adeguatamente motivato, che il lavoratore abbia assolto l’onere probatorio sul medesimo gravante circa l’intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro ad iniziativa datoriale”.
Di seguito il testo integrale della sentenza: