I soggetti attivi nei reati informatici.
Pur essendo normalmente i reati informatici reati comuni, le previsioni incriminatrici fanno talvolta riferimento a soggetti di fatto in possesso di particolari qualità, in ragione dell’attività svolta o delle loro particolari competenze specifiche.
A cura dell’avv. Maxime Manzari.
“OPERATORE DI SISTEMA” E “PROVIDER”
Pur essendo normalmente i reati informatici reati comuni, le previsioni incriminatrici fanno talvolta riferimento a soggetti di fatto in possesso di particolari qualità, in ragione dell’attività svolta o delle loro particolari competenze specifiche.
In particolare, alcune norme indicano quale soggetto agente il cosiddetto operatore di sistema, che in estrema sintesi, e per quanto qui rilevi, è definito come colui che sorveglia o fa funzionare un sistema informatico multiutente od una BBS (dal Dizionario dei Termini di Informatica, Mondadori-Informatica, II ed.).
In altri casi si fa riferimento alla figura del provider, che nella sua dicitura estesa è l’Internet Service Provider (ISP), letteralmente fornitore di servizi internet. Tale è ogni persona fisica, società o altro ente che fornisce a terzi l’accesso ad internet, gestendone la rete. Il provider viene detto access provider, quando si limiti a fornire la sola connessione alla rete. Tale tipo di provider non è generalmente ritenuto responsabile per gli illeciti che vengono realizzati da terzi utilizzando la rete da costui gestita. Viceversa, può incorrere in ipotesi di responsabilità, anche penali, il provider che non si limiti alla semplice fornitura di accesso alla rete, ma fornisca anche servizi ulteriori ed aggiuntivi, dal catching all’hosting (content provider).
La responsabilità del provider
Diverse le ipotesi di responsabilità a carico del provider, a seconda che fornisca il mero accesso, ovvero che eroghi servizi aggiuntivi ed ulteriori, che investano anche i contenuti immessi in rete dagli utenti.
Ai fini della distinzione, e del diverso regime di responsabilità che ne deriva, si segnala su tutte una pronuncia del Tribunale di Catania che, pur risalente, bene chiarisce il punto. Nella sentenza del 29 giugno 2004, in Guida al Diritto, 2004, n. 32, p. 77, il Tribunale di Catania ha affermato il seguente principio, così poi massimato: “Il provider che si limiti a fornire la connessione alla rete è irresponsabile poiché, in quanto mero access provider, è equiparato al gestore di una rete telefonica e, pertanto, non può certamente essere tenuto responsabile per gli illeciti commessi dagli utenti della rete stessa. Tuttavia, il provider che non si limiti a fornire la connettività è responsabile poiché eroga servizi aggiuntivi, dal caching all’hosting (content provider). Infatti, la responsabilità è generalmente subordinata alla circostanza che il provider sappia che l’attività o l’informazione trasmessa o svolta suo tramite siano illecite; tanto, seppure con la espressa limitazione derivante dalla circostanza che non si possa imporre al prestatore di servizi un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni trasmesse e memorizzate né, tanto meno, un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite. Il provider è, quindi, responsabile dell’illecito posto in essere dall’utilizzatore allorché egli abbia piena consapevolezza del carattere antigiuridico dell’attività svolta da quest’ultimo. Tale responsabilità si configura, quindi, alla stregua di una responsabilità soggettiva: colposa, allorché il fornitore del servizio, consapevole della presenza sul sito di materiale sospetto, si astenga dall’accertarne l’illiceità e, al tempo stesso, dal rimuoverlo; dolosa, quando egli sia consapevole anche dell’antigiuridicità della condotta dell’utente e, ancora una volta, ometta di intervenire”.
Il rischio evidente è che i fornitori di servizi internet possano risultare responsabili ogniqualvolta si verifichi un episodio illecito nell’ambito dello spazio da loro gestito. Al fine di attenuare eccessi che possano comprimano gli ISP ed il relativo mercato, è intervenuto in Italia il d.lgs. 9 aprile 2003 n. 70, emanato in attuazione della direttiva 2003/31/CE.