Fondo patrimoniale: impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale; onere della prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 c.c. a carico del debitore. Tutela del ceto creditorio.
A cura dell’avv. Giuseppe Alessandro Bentivoglio.
Con ordinanza n. 2904 dell’08 febbraio 2021, la Corte di Cassazione si sofferma sull’impignorabilità dei beni conferiti nel fondo patrimoniale, riaffermando il principio che il vincolo di cui all’art. 170 c.c. deve essere sempre contemperato con le esigenze di tutela dei creditori e che il relativo onere della prova grava sul debitore che ha costituito il fondo e contesta il diritto del creditore procedente.
Il caso: un imprenditore propone opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. avverso una procedura esecutiva intentata da un istituto di credito su alcuni beni immobili di sua proprietà, conferiti in un fondo patrimoniale.
La procedura esecutiva veniva attivata a seguito del mancato versamento di somme di denaro relative ad una garanzia fideiussoria che l’opponente aveva prestato nello svolgimento della propria attività imprenditoriale.
L’imprenditore-debitore sosteneva, quindi, l’inammissibilità dell’esecuzione e l’impignorabilità dei beni, ai sensi dell’art. 170 c.c., sul presupposto che la fideiussione non era stata contratta per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia.
L’opposizione veniva rigettata e la decisione confermata dal Giudice di appello in considerazione della “ravvisata inopponibilità alla creditrice procedente” del conferimento in fondo patrimoniale dei beni oggetto di pignoramento immobiliare.
L’imprenditore proponeva ricorso per Cassazione.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2904 dell’08 febbraio 2021, accoglie le censure formulate dal ricorrente, riaffermando il principio che la costituzione del fondo patrimoniale può essere dichiarata inefficace attraverso l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., inteso come “mezzo di tutela del creditore rispetto agli atti di disposizione del patrimonio” e strumento idoneo a circoscrivere “le limitazioni alle azioni esecutive” poste dall’art. 170 c.c..
La Suprema Corte osserva, quindi, che un debito potrà considerarsi contratto per il soddisfacimento dei bisogni familiari, e dar luogo all’azione esecutiva sul fondo patrimoniale da parte dei creditori, se “la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio abbiano inerenza diretta ed immediata con i bisogni della famiglia”, ribadendo, nella sua ampia disamina, la necessità di una interpretazione “non restrittiva” del concetto, dovendosi ricomprendere fra questi quanto “necessario e funzionale allo svolgimento e allo sviluppo della vita familiare e miglioramento del benessere anche economico”.
Con riferimento ai debiti derivanti dall’attività professionale o di impresa, la Corte sottolinea che spetterà al Giudice di merito valutare se il rapporto debitorio sia stato contratto nell’ambito dell’attività d’impresa o per soddisfare i bisogni della famiglia, precisando che obbligazioni assunte nell’ambito dell’attività di impresa possono “non essere estranee ai bisogni della famiglia”.
La Corte di Cassazione statuisce, in ultimo, che l’onere della prova dei presupposti di applicabilità della disciplina di cui all’art. 170 c.c. grava su chi intende avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale e che “il debitore opponente dovrà dimostrare non soltanto la regolare costituzione del fondo e la sua opponibilità al creditore procedente ma anche che il suo debito verso quest’ultimo è stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia”.